BIO
Renata Carvalho comincia ad occuparsi di questioni trans e travesti nel 2007, in veste di attivista per i diritti LGBT e umani e come volontaria. Fin dal 1996 lavora nel teatro, dedicandosi per dieci anni alla regia. Nel 2012 fa il suo debutto come attrice nel solo Inside Me Lives Another: l’artista rende il suo corpo un oggetto di studio e di dibattito, prospettiva che da lì in poi permea tutta la sua produzione artistica. Nel marzo 2017, Renata Carvalho fonda MONART — movimento nazionale per artist_ trans, e anche il Trans Representativity Manifest — Say YES to trans talent, che mira a una rappresentazione collettiva, inclusiva e stabile de_ artist_ trans e travesti negli spazi artistici e chiede di interrompere la pratica del transfake. Nello stesso anno, fonda anche Coletivo T, il primo collettivo artistico formato interamente da artist_ trans. Nel 2022 è stata premiata da CCXP Awards come miglior attrice per il film Vento Seco (2020), del regista Daniel Nolasco.
MANIFESTO TRANSPOPHAGICO
Drammaturgia e performance: Renata Carvalho
Direzione: Luiz Fernando Marques (Lubi)
Luce: Wagner Antonio
Videoarte: Cecilia Lucchesi
Operazione e adattamento alla luce: Juliana Augusta
Produzione: Corpo Rastreado
Coproduzione: Risco Festival, MITsp e Corpo Rastreado.
Diffusione: Corpo a Fora e FarOFFa
In complicità con Città Cento Scale Festival, Mercurio Festival, Primavera dei Teatri, Teatrino di Palazzo Grassi/Punta della Dogana/Università IUAV di Venezia
SINOSSI
Oggi, decido di vestire me stessa della mia pelle. Il mio corpo travesti. —Renata Carvalho
Il termine “travesti”, in America Latina, indica una precisa identità di genere che è anche politica e sociale, senza avere alcuna accezione negativa come accade in altri contesti.
In Manifesto Transpofágico — in prima nazionale a Short Theatre 2022 — l’attrice e regista brasiliana Renata Carvalho racconta la storia della “corporeità” di un soggetto in continua costruzione, interpellando le orecchie cisgender del pubblico e mescolando storia personale e temi collettivi. Ci invita a guardare il suo corpo travesti senza mediazioni: un corpo adottivo, fatto di ormoni, silicone artificiale e protesi al seno. Per parlare di persecuzioni, incarcerazioni di massa, censura, patologizzazione, AIDS, diaspora, violenza. E lo fa nutrendosi della sua stessa atavica eredità trans attraverso un atto transpofagico. Con la nozione di transpologia, Renata Carvalho intende denunciare le costruzioni sociali che investono le persone trans e che permeano l’immaginario comune costruito attraverso narrazioni tossiche, stereotipate e dai contenuti transfobici: “Non mi sono scoperta travesti, me lo hanno urlato contro”.