BIO
Turi Zinna, autore, attore, regista e organizzatore. Formatosi nei primi anni ottanta alla scuola dell’Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa, da oltre trent’anni le sue scritture – spesso “crossmediali” e “crossdisciplinari” – si sono intersecate e ibridate con molteplici generi ed espressioni artistiche e performative: teatro, danza, musica, cinema. Ha ottenuto segnalazioni e riconoscimenti come drammaturgo e sceneggiatore di testi per cinema e teatro in numerosi premi e concorsi tra cui Solinas, Oltreparola, il Centro del Discorso, Pescara Corto Script, Alberto Sordi, Lia Lapini, Lo Spazio, RIFF Per Voce Sola. Molte le opere che ha dedicato alla Sicilia e in particolar modo a Catania, da Doppio Legame a Ballata per San Berillo, da L’Oro dei Napoli all’intero progetto Kthack – crasi dei termini “Kατάvη”, “Catania” e “hack”, “segreto”, “stratagemma” – comprendente i testi Tifeo, il tradimento dell’orecchio, Soggiornando Vicino e Non si vive nemmeno una volta. Sua è la canzone che apre il film Gesù è morto per i peccati degli altri di Maria Arena. Come attore teatrale ha lavorato con svariati registi tra cui Antonio Calenda, Armando Pugliese, Egisto Marcucci, Giancarlo Sbragia, Jürgen Müller, Guido De Monticelli, Giancarlo Sammartano; ha recitato con Judith Malina, Hanon Reznickov, Irene Papas, Rosana Pastor, Turi Ferro, Piera Degli Esposti, Elena Zareschi, Enrico Montesano, Pietro De Vico, Anna Campori, Aldo Tarantino, Paolo Bonacelli, Rosalia Maggio, Enrico Lo Verso, e altri. Dal 2005 al 2007, è stato direttore artistico del festival di teatri e culture contemporanee “Cultania”, all’interno di un progetto innovativo di fruizione dei beni monumentali e delle attività culturali della città di Catania attraverso l’uso della tecnologia. È fondatore e direttore artistico di Retablo, compagnia teatrale e impresa di progettazione, produzione, management di eventi, servizi e manufatti culturali che opera fin dal 1989 promuovendo, creando e producendo drammaturgia contemporanea e assumendo la curatela di laboratori, progetti territoriali e festival. La compagnia ha la sede operativa a Roma e la sede legale a Catania dove è riconosciuta dalla Regione Siciliana. Fondata insieme a Maria Piera Regoli e Federico Magnano San Lio la formazione è attualmente costituita da artisti, non necessariamente accomunati da una stessa visione poetica, provenienti da differenti esperienze culturali e discipline: drammaturghi, maker, artisti visivi, esperti di interattività, visual designer, musicisti, ricercatori e teatranti.
IL MURO
cronachetta drammatronica di una civile apartheid / Live & Drama Set
parole, partitura vocale, esecuzione laptop e interpretazione TURI ZINNA
partitura sonora GIANCARLO TRIMARCHI
stage and video design MammasONica.org
allestimento di scena SALVO PAPPALARDO
direzione tecnica ALDO CIULLA
segreteria organizzativa ANDREA A. MACCARRONE
comunicazione e stampa VINCENZA DI VITA
regia FEDERICO MAGNANO SAN LIO
SINOSSI
Il Muro, cronachetta drammatronica di una civile apartheid è una dj e vj performance in forma drammaturgica ideata e composta da Turi Zinna, messa in ambiente sonoro da Giancarlo Trimarchi e collocata in uno stage multimediale da mammasONica.org. Si tratta di un amalgama sperimentale dentro il quale e dal quale scaturisce uno spazio anomalo, se non irregolare, d’azione scenica: un costrutto espanso che è al tempo stesso involucro e dilatazione potenzialmente ciclopica del corpo/voce del performer. Uno spazio consustanziale in cui sono agglomerati prosodia, codici informatici, techno sperimentale, ricerca vocale, storytelling, interattività, cinema astratto delle avanguardie storiche (Man Ray, Hans Richter, Walter Ruttmann, Aldo Tambellini, Viking Eggelling) e documentari dell’Istituto Luce.
La technonovella espone l’odissea, tutta dentro la sua città, di un povero barbiere del popolare quartiere di San Berillo che – in occasione della visita di Benito Mussolini a Catania nell’agosto del 1937 – viene scambiato per un’altra persona ed è fatto oggetto delle attenzioni squadriste dei gerarchi locali. Costretto ad ingurgitare un quarto di litro di olio di ricino, tumefatto per le percosse, cerca di tornare a casa al più presto a svuotare l’intestino. Ma per impedire allo sguardo del duce lo spettacolo della miseria che offrivano i quartieri poveri della città, gli zelanti amministratori avevano tirato su delle palizzate che impedivano l’accesso e l’uscita degli abitanti meno abbienti. Il barbiere non trova un buco lungo le barricate che gli possa consentire di rientrare nel suo quartiere. Allora è costretto a intraprendere un viaggio doloroso nella zona bene della città alla ricerca di un bagno. Finisce per defecare davanti al caffè Lorenti, il ritrovo esclusivo della borghesia egemone, che lo respinge schifandolo per non avere saputo trattenere dentro di sé la propria umiliazione. Il resto del suo viaggio prosegue fuori le mura, tra gli scogli lavici e il mare, in direzione di un’alba purificatrice.